QUALE SARÀ IL FUTURO DELLA SANITÀ?

La vita media degli ospedali italiani, in moltissimi casi, ha superato di gran lunga ogni limite accettabile. Spesso sono inadeguati, anche solo per ospitare le nuove tecnologie.

Qual è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso?

L’emergenza Covid-19 ha portato nel mondo sofferenza, preoccupazione, incertezza sul futuro. In Italia, uno dei paesi maggiormente colpiti, questa pandemia ha scoperchiato il vaso di Pandora, portando alla luce le già evidenti criticità del nostro Sistema Sanitario Nazionale: carenza di posti letto, mancanza di personale specializzato, fondi inadeguati, strutture inadeguate.

Per questo motivo diverse società scientifiche hanno deciso di riunirsi nel primo Forum Permanente sul Sistema Sanitario Nazionale Post Covid.

L’obiettivo? Proporre soluzioni concrete per ridisegnare la sanità alla luce delle difficoltà emerse con l’emergenza sanitaria.

In questo articolo ripercorriamo insieme le motivazioni che hanno spinto alla nascita di questo forum e che cosa è stato proposto.

Troppe cancellazioni e cure mancate

Il numero delle prestazioni da recuperare a causa della pandemia è ancora piuttosto elevato. Nel 2020 sono stati oltre 1,3 milioni i ricoveri in meno rispetto al 2019. Le aree più coinvolte sono quelle di Chirurgia Generale, Otorinolaringoiatria e Chirurgia Vascolare. Ciò che preoccupa è però l’ambito oncologico: i ricoveri in chirurgia oncologica sono diminuiti del 13%, quelli per radioterapia del 15% e quelli per chemioterapia del 10%. Stessa sorte per gli screening oncologici dove cancellazioni e ritardi hanno portato a conseguenze non ancora quantificabili, ma prevedibili, in merito alla diagnosi tempestiva di tumori.

Mancanza di spazi, di risorse umane e spesa sanitaria.

Come scrivevo, anche la situazione degli ospedali italiani non naviga in acque tranquille. Il numero complessivo di posti letto ordinari, per 100 mila abitanti, è molto più basso rispetto alla media europea come pure il numero di letti in terapia intensiva è insufficiente. Inoltre, lo scenario ci mostra una brutta immagine degli ospedali del Sud. Sono strutture malandate che rischiano di non poter fornire servizi adeguati ai pazienti.

A scarseggiare non sono solo i letti, ma anche le risorse umane. Il numero degli operatori sanitari è inadeguato per la popolazione del nostro Paese. I medici specialisti ospedalieri in Italia sono circa 130mila, 60mila unità in meno rispetto alla Germania e 43mila in meno della vicina Francia. Sotto organico soprattutto gli infermieri: ce ne sono 7 ogni 1.000 abitanti contro gli 11 della Francia e i 13 della Germania.

Infine, per quanto riguarda la spesa sanitaria la situazione del nostro paese non è delle migliori. L’Italia spende solo l’8,8% del suo PIL per la sanità, di cui circa 1,5/2 punti sono rappresentati dai contributi dei privati cittadini.

Le proposte del Forum

Ridefinire il Sistema sanitario nazionale, modernizzare gli ospedali, rinnovare la medicina territoriale, impostare una netta separazione fra ospedali, ambiti di cura e assistenza per pazienti Covid e non Covid, proporre programmi avanzati e strutturati di telemedicina e riavviare gli screening oncologici su tutto il territorio.

Queste sono le principali proposte portate sul tavolo durante questo primo Forum.

Al centro del dibattito c’è la questione delle risorse umane, sia in termini di numeri che di competenze. Come si può affrontare la “fuga di cervelli” all’estero di giovani medici verso paesi più attrattivi professionalmente? Creando opportunità diverse e più interessanti per i nuovi laureati e per gli specialisti, simili a quelle offerte da altri Paesi Europei e aumentando le borse di studio per nuovi specializzandi, soprattutto nelle specialità con particolare penuria di medici specialisti, per tentare di colmare il gap tra medici laureati e posti in specializzazione. Sarebbe interessante introdurre negli ospedali nuove figure professionali quali i case manager, i data manager e gli infermieri di ricerca, attualmente non previste nel SSN.

Fondamentali saranno inoltre le riforme nel campo della medicina territoriale e della telemedicina. A che punto siamo oggi? Quali attività potrebbero essere svolte da strutture ambulatoriali piuttosto che negli ospedali?
La telemedicina è accessibile in tutto il paese e per quali visite è più indicata? 

Bisognerebbe individuare strutture ambulatoriali ad hoc dove poter svolgere attività quali screening, follow up, riabilitazioni dei pazienti, assistenza domiciliare e cure palliative che oggi sovraccaricano – e intasano – il nostro sistema ospedaliero. Inoltre sarebbe opportuno attivare su tutto il territorio nazionale dei programmi avanzati e strutturati di telemedicina. Ed è proprio qui, sul tema della telemedicina, che ho incontrato il parere favorevole di diversi medici da me intervistati. Un ambito che consente di garantire una migliore esperienza di cura per i pazienti.

Quale sarà dunque il futuro della nostra sanità?

Non c’è tempo da perdere.

Nell’immediato è necessario tranquillizzare i cittadini sulla sicurezza degli ospedali attraverso campagne massive di informazione che promuovano il ritorno alle cure durante e nel periodo successivo alla pandemia.  È bene che i pazienti tornino ad affidarsi alle cure dei propri medici, senza avvalersi troppo del “fai da te”. Infine vanno recuperati i ritardi accumulati negli screening, nelle visite programmate, in quelle di follow-up e negli interventi chirurgici.

Quando tutto tornerà a procedere in maniera lineare anche il futuro della sanità potrà prendere una piega diversa.

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