Nonostante la percentuale di donne medico sia cresciuta negli anni, oggi continua ad esserci una disparità di genere tra i professionisti sanitari in termini di avanzamento di carriera, salario ed opportunità lavorative.
Da che cosa dipende questa dinamica?
Faccio subito una premessa: questa condizione non riguarda solo la professione medica bensì buona parte del mondo del lavoro.
Le donne e la medicina
In Italia le donne costituiscono il 56% delle iscrizioni alla Facoltà di Medicina, si laureano con ottimi voti e lo fanno in tempi rapidi rispetto ai colleghi maschi. Nella fascia d’età 25-40 anni il gentil sesso supera gli uomini per iscrizioni agli albi professionali.
E se gli uomini sono sempre più numerosi in discipline come l’infermieristica e la pedagogia (ambiti ritenuti prettamente femminili fin dal passato), le donne si stanno ricavando il loro spazio nel settore clinico.
La realtà dei fatti però è un po’ diversa: i dati sulla dirigenza del SSN rilevano la presenza di molte donne in corsia e poche nei ruoli apicali. I primari dei vari reparti sono quasi tutti uomini, così come troviamo una quota rosa inferiore anche in ambito dirigenziale.
Le donne che ricoprono incarichi di direttore di struttura complessa sono solo il 14%, mentre quelle che sono direttori generali di strutture sanitarie sono solo il 9% del totale.
Inoltre, un altro dato significativo riporta che il 30% delle donne che ricopre un ruolo di rilievo è single o separata e circa il 33% delle dottoresse non ha figli.
Le donne e gli stereotipi
Che cosa indicano i dati che ho riportato?
Le percentuali riportano un problema sociale che vede le donne pagare un prezzo alto per la loro scelta di dedicarsi al lavoro. C’è ancora tanta difficoltà a conciliare famiglia e lavoro e una presenza “ingombrante” dei fattori sociali continua ad influenzare il nostro pensiero.
Ecco dunque che anche in Italia le donne medico vivono una condizione femminile faticosa, su cui c’è ancora tanto da fare. Perché persiste questo divario?
Le donne sono vittime di stereotipi che la società, anche se in maniera involontaria, ha inculcato nel nostro modo di pensare. E anche se rimangono solo preconcetti senza alcuna base scientifica, continuano ad essere trasmessi.
Il risultato?
Questi cliché fanno in modo che certi ruoli e certe mansioni vengano giudicate come “poco femminili” o “poco maschili”.
Il fatto che le donne siano poco rappresentate nei ruoli di un certo rilievo della sanità, nei ruoli dirigenziali, nella politica e nella scienza, porta a questa conclusione: le donne non sono, per natura, “portate” a ricoprire queste mansioni perché non sono così in gamba come gli uomini.
A ciò si aggiunge anche il pensiero che il voler “spiccare” in un ambiente in cui vi è una forte componente maschile possa mettere in difficoltà e spaventare le donne più fragili.
Le difficoltà oggettive per le donne
Va però specificato che non ci sono solo stereotipi o luoghi comuni che dividono uomini e donne. Esistono anche difficoltà oggettive che le donne devono affrontare ogni giorno: la precarietà, la scarsa retribuzione, il continuo aggiornamento, richiesto per i ruoli di alto livello, e soprattutto riuscire a conciliare il lavoro con la famiglia.
Sono ancora molte le donne che, arrivate ad un certo punto della propria carriera, si trovano di fronte ad un bivio: decidere se affrontare una maternità oppure dedicarsi alla carriera lavorativa. E sono diverse le donne che, dopo una gravidanza, hanno una certa difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro.
E decidono così di accantonare anni di studi e di sacrifici per il benessere della propria famiglia.
Ma è sempre la scelta più corretta?
La diversità di genere come leva
È fondamentale riuscire a superare tutti gli ostacoli culturali che continuano a influenzare la nostra mentalità ed è necessario essere consapevoli che ogni persona è diversa rispetto ad un’altra e che questo aspetto può solo rappresentare un punto di forza anziché uno svantaggio.
Questa diversità, se ben impiegata, rappresenta una leva che può aiutare le diverse realtà ad aumentare la propria produttività.
Ne siamo tutti consapevoli?
Il mio pensiero – e il mio augurio – vanno in questa direzione.